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Gli antichi forni di Lozzolo: il forno di "fondo Villa" 

Le prime notizie di un forno a Lozzolo sono contenute in un documento del 3 gennaio 1463.

Era il tempo in cui i Signori Nobili feudatari avevano l’esclusiva prerogativa di possedere i forni dove le famiglie erano obbligate a far cuocere il pane e, per farlo, dovevano pagare una tassa, il “fornatico”, che in genere era costituita da una certa quantità stabilita di pane.

In quel documento di circa 550 anni fa scopriamo che il forno dei Signori di Lozzolo che a quel tempo erano i fratelli Conti Antonio e Gabriele Avogadro, era situato di fronte la chiesa di San Giorgio. Oggi, dove ci sono ancora i resti di quell’antico forno è stata posta una targa ricordo.

Con quel documento i Conti Antonio e Gabriele Avogadro, Signori di Lozzolo, cedettero diverse terre ad alcuni uomini della comunità mediante pagamento di una certa somma in contanti, e nel contempo diedero in gestione quel forno mettendo la comunità nelle condizioni di poter estinguere il debito fornendo loro 9 libbre di pane per ogni infornata e altre 9 libre per il “fornatico”.

A quei tempi, essendo la comunità lozzolese composta da non più di 250 persone, quel forno bastava. Ma col passare degli anni la popolazione aumentava e con essa crebbe la necessità di avere un altro forno. E così nel 1569 i Signori del Castello permisero, dietro pagamento del “fornatico” di 6 “miche” per ogni infornata, a un certo Gianmaria Delmastro di costruirne uno per cuocere pane per uso proprio e anche per la vendita.

Intanto tra la popolazione di Lozzolo nasceva l’insofferenza per quella odiata tassa del “fornatico”. E così un tale Antonio Pignolo, nel 1646, tentò di costruire un forno abusivamente ma venne scoperto e il forno fu distrutto.

Qualche decennio dopo, nel 1717, la Comunità di Lozzolo, sempre più intollerante verso quella tassa decise di costruire un forno da gestire in proprio, “in fondo villa”. (Oggi Via Nicolas Maria)

Venuti a conoscenza di ciò, i Signori del Castello, chiesero al Senato Ducale di condannare la Comunità al ripristino dei loro diritti e privilegi sul forno e fornatico che ritenevano essere stati violati.

La Comunità con sentenza del 18 giugno 1717 venne condannata e il forno requisito. Ormai tra la Comunità di Lozzolo ed i Signori Conti si era arrivati ai ferri corti. E i Lozzolesi dopo quella sentenza che ritenevano ingiusta, tentarono in tutti i modi di aggirarla fino ad ottenere il permesse dei Consoli di Lozzolo per andare altrove a far cuocere il pane.

È quello che fece un certo Giacomo Pignolo che come dice un documento del 1° agosto di quell’anno 1717 fu trovato con un asino carico di pane, ancora caldo, sulla strada venendo da Gattinara, cioè mentre tornava da Gattinara dalla "strada delle vigne", dai Conti Carlo Filippo Avogadro e dai fratelli Abate Costanzo e Lanfranco Tornielli Rho mentre andavano a caccia. Il Pignolo fu arrestato e probabilmente finì anche in prigione.

Ma in tutto il Ducato di Piemonte le cose stavano cambiando e le Comunità iniziavano ad affrancarsi dai poteri giurisdizionali del Signori feudatari. E finalmente i Conti del Castello, Signori di Lozzolo, dovettero rassegnarsi alla volontà popolare della Comunità e con l’atto del 17 settembre del 1734, cedettero definitivamente il forno “in fondo Villa con tutti gli utensili e ragioni di bannalità” .

Ed ora che la Comunità aveva il forno, chi è che doveva gestirlo? Non diremo di coloro che lo gestirono nei tempi lontani, ma i lozzolesi si ricordano che gli ultimi “furnè” a cuocere il pane in questo forno erano due donne “furnère”: la Maria mamma del nostro concittadino Paolo Mussa, e la Ermelinda mamma del compianto Tommaso Mussa.

Erano loro che al mattino talvolta andavano a ritirare l’impasto dalle famiglie e lo portavano al forno su un vaglio, “‘l val”, coperto con un telo. Quindi lo tagliavano nelle pezzature e forme richieste e lo infornavano per la cottura.

C’erano le “miche”, i “brüsarö”, i “micun” e poi c’era “ ‘l micun ‘d pan metà”, preparato con farina di frumento e mais che si usava mettere nel latte per colazione.

E poi la Maria talvolta preparava il pane con l’uvetta. Era il pane dolce della domenica!

Oggi quel forno che è stato usato e ha cotto il pane dei lozzolesi fino agli anni ’50 del secolo scorso, con l’iniziativa dell’associazione LOXOLENSIS, e con l’aiuto di molti volontari, è stato restaurato con il nobile intento di renderlo utilizzabile e fruibile dalla Comunità, affinchè non venga dimenticato il passato e tutti possano godere di questo autentico monumento storico.

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Bibliografia:

Lozzolo - Note Storiche, Cav. Loris Delmastro, 2010

Lozzolo e i Signori del Castello di Loceno, Carlo Angelino Giorzet, 2014

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